Tra i vari “casi” che hanno visto Ignazio Marino nelle vesti di pericoloso fuorilegge spicca quello della Panda Rossa, protagonista di una serie di incresciosi avvenimenti che i solerti giornalisti nostrani, così pervicacemente impegnati nello scoperchiare e condannare il crimine (purché esso venga perpetrato unicamente da Marino), attivamente coadiuvati dal senatore Andrea Augello di NCD (ex FI), hanno portato alla ribalta.

I fatti: tra giugno e luglio 2014 la panda rossa del sindaco colleziona una serie di multe per la violazione della ZTL, 8 per la precisione,cCongelate e mai recapitate al sindaco (come scrive il Fatto Quotidiano il 7 febbraio del 2015 “Multe delle quali il sindaco non era a conoscenza perché, per ragioni di privacy, non sono recapitate al domicilio personale, ma presso l’ufficio Anagrafe del Campidoglio). Qualcuno insinua che dietro i fatti che circondano l’apparentemente mite utilitaria possa esservi del marcio e vi legge una serie di atti deliberatamente e sfacciatamente illegali, nascosti da maldestre coperture, anche se, come osserva lo stesso quotidiano al sindaco spetta di diritto il permesso per il passaggio dei varchi. Evidentemente, come risulta dalle ricostruzioni, il permesso di Marino non era stato rinnovato in tempo e per sopperire a ciò gliene era stato rilasciato uno temporaneo, che tuttavia, in seguito a controlli, risultava essere presente a tratti sul sistema informatico del Campidoglio; ciò ha fatto supporre di essere in presenza di una violazione dello stesso sistema, fatto che il sindaco ha ritenuto di dover denunciare. Insomma: un pasticcio organizzativo ed informatico, di quelli tipicamente nostrani che forse meritava un po’ meno attenzione da parte dei media. Ma, come si dice nella capitale “la guera è guera”. Ed abbiamo capito che la guerra è in corso da un po’.

Alla denuncia (a questo punto dovuta) di Marino segue un’inchiesta. Secondo quanto riportato dal Fatto “…non v’è dubbio che qualcuno violò il sistema informatico, secondo la procura di Roma, manipolando e sabotando il pass del primo cittadino che, in questo modo, incorse nelle sanzioni per aver varcato senza diritto le zone a traffico limitato della Capitale. Dall’altro, però, la procura è certa che non si potrà mai risalire all’identità dell’hacker”. Quindi la violazione con tanto di hacker, ahinoi, esiste.

Ma non è tutto: la famigerata Panda Rossa, oramai sotto stretta sorveglianza, qualche tempo dopo fu avvistata, da qualche zelante troupe televisiva alla ricerca dello scoop del secolo, in flagranza di reato, cioè in divieto di sosta; il sindaco si scusò pubblicamente per tale imperdonabile infrazione, come narrato ancora dal Fatto Quotidiano in un articolo del 18 novembre 2014, in una movimentata seduta in Campidoglio nella quale Marino riferisce : “Ho detto agli uffici, che pur mi comunicavano che non ero tenuto a farlo, che volevo pagare le multe. Mi sono state indicate le somme e ho pagato. Non alla cassa dell’ufficio contravvenzioni – spiega – perché non poteva ricevere il pagamento, visto che le multe erano annullate ma all’ufficio postale, con semplici bollettini che ho compilato per un totale di 1.021,52 euro, che almeno ritroveremo nelle casse del Comune in vista dell’assestamento di bilancio”.Considerando quanto accaduto, quanto emerso dalle ricostruzioni e le inchieste, e il gran clamore che la vicenda ha sorprendentemente provocato (per accertarsene è sufficiente digitare le parole “Panda Rossa” nella striscia di ricerca di Google e leggere i risultati…) non possiamo che essere d’accordo con quanto asserito, in quella occasione dallo stesso sindaco  

Ritengo siano errori di gravità assai limitata – aggiunge – errori cui si è rimediato, errori che non giustificano il clamore che si è costruito intorno a questa vicenda”.

Appunto. Buona riflessione.

f.s.

Lo strano caso della Panda rossa

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