Forse la storia su cui c’è stata più confusione è quella della Panda rossa. Se ne è parlato così a lungo che si ha l’impressione che un po’ tutti ormai assumono che qualcosa di sbagliato, fosse anche soltanto un peccato veniale, Ignazio Marino l’abbia commesso. Ma cosa esattamente? A giudicare da alcuni commenti on line, sembra che alcuni si siano perfino convinti che Marino cercasse “di fare il furbo”, di utilizzare la sua posizione di sindaco per non pagare nemmeno… una multa per divieto di sosta. Facciamo un po’ di ordine.
Innanzitutto, non c’è una storia riguardante la Panda rossa, ma due, anzi. . . due e mezza.
La Panda in divieto di sosta (!)
La “mezza” storia riguarda una sera di metà novembre, quando le telecamere del programma Le Iene scoprono la Panda di Marino in divieto di sosta sotto casa sua. Chiamano anche i Vigili ma, dopo mezz’ora, qualcuno scende a spostare la macchina. Niente multa, quindi, ma, correttamente, il Sindaco si scusa. La storia è rilevante perché quel “Chiedo scusa per la mia auto in divieto di sosta”, pronunciato davanti al Consiglio Comunale, si mescola negli articoli giornalistici con le altre due storie, che con quel fugace divieto di sosta non hanno nulla a che vedere. I giornali titolano cose come “Marino in Campidoglio: ‘Mi scuso per le multe, ma non mi dimetto’” (Il Fatto Quotidiano, 18 novembre 2014) e “Multe, Marino paga: chiedo scusa ai romani ma non lascio” (Il Messaggero, 18 novembre 2014): insomma, mentre Marino chiedeva scusa per un divieto di sosta neanche rilevato dai vigili della città (“purtroppo” aveva anche aggiunto il Sindaco), i giornali titolavano come se avesse da chiedere scusa per le altre due faccende, ben diverse e non connesse.
L’utilizzo del parcheggio del Senato
La prima vicenda, che dà inizio a “Panda-gate”, riguarda l’uso del parcheggio custodito del Senato: là si arrivò perfino ad organizzare manifestazioni, per denunciare l’abuso di un ex senatore che, sebbene non più parte del Parlamento (Marino si dimise dal Senato – caso più unico che raro in Italia – poco dopo la sua candidatura a divenire sindaco di Roma) “continuava” ad usare quel parcheggio. Il Messaggero (10 ottobre 2013), per esempio, titolò “Roma, Panda di Marino nel parcheggio senatori: ma non è parlamentare”, affermando che la “Panda rossa rimane parcheggiata regolarmente nell’area riservata ai senatori. Anche se da oltre cinque mesi il proprietario, Ignazio Marino, ha lasciato il suo seggio a Palazzo Madama”. In realtà, dopo le dimissioni dal Senato, la macchina di Marino aveva lasciato quel parcheggio ed era stata parcheggiata in strada. Dopo degli atti vandalici subiti dall’auto, tuttavia, e le conseguenti denunce della famiglia Marino alle autorità competenti, il Prefetto di Roma (al tempo, Giuseppe Pecoraro) dispose, dopo aver debitamente consultato il Presidente del Senato, che alla macchina venisse assegnato un posto nel parcheggio custodito di Palazzo Madama, dotato di sbarre semoventi e della vigilanza dei Carabinieri, vista la relativa prossimità del parcheggio all’abitazione di Marino. Nessun atto da furbetto, quindi, come invece avevano abbondantemente chiosato i giornali. Dopo le polemiche, ed in particolare la richiesta di trenta senatori guidati da Andrea Augello (del Nuovo Centro Destra e politico molto vicino a Gianni Alemanno), il Prefetto dispose che l’auto dei Marino lasciasse quel parcheggio custodito, essendo venute a cessare, a detta dell’allora Prefetto, le ragioni di sicurezza che avevano portato a tutelare l’automobile del sindaco. Molti giornali ne approfittarono per fare titoli del tipo: “Il Prefetto fa rimuovere l’auto di Marino” (Il Tempo, 30 ottobre 2014), “Il Prefetto a Marino: ‘Via l’auto dal Senato’” (La Repubblica, 30 ottobre 2014, con un articolo di Giovanna Vitale, che significativamente iniziava con un “Stavolta dovrà davvero spostarla, il sindaco Marino, la sua Panda rossa”), o, ancora, “‘Marino sposta il pandino’, anche la Prefettura di Roma bacchetta il sindaco” (romacapitalenews.com, 30 ottobre 2014). Insomma, missione compiuta: l’alone di sospetto su Marino era stato creato, sebbene il sindaco non avesse commesso alcun abuso.
Le multe per gli accessi alla Z.T.L.
Solo sei giorni dopo la conclusione della vicenda del parcheggio al Senato, il 5 novembre 2014, lo stesso Sen. Augello solleva formalmente la seconda vicenda del Panda-gate. Avendo ottenuto (da chi?) documentazione dall’interno dell’amministrazione comunale, rivela che il Sindaco ha ricevuto otto multe per essere entrato nella zona ZTL con un permesso scaduto, multe che non ha pagato e che risultano “sospese”. In una interrogazione al Ministro dell’Interno Alfano, Augello chiede di verificare queste circostanze. La situazione sarebbe complicata dal fatto che, se le multe sono state sospese per un ricorso di Marino, si creerebbe una situazione di incompatibilità per il Sindaco (in quanto il sindaco non può essere in un contenzioso con la stessa amministrazione di cui è a capo); se, invece, non ci sono ricorsi, continua Augello, perché non si pretende che il sindaco (come un qualunque altro cittadino) paghi le sue multe? Anche in questo caso, quello che viene definito un “giallo” sui giornali ha una spiegazione abbastanza semplice. Durante un periodo di diverse settimane, il pass del sindaco effettivamente risulta non rinnovato: i rilevatori elettronici, quindi, fanno scattare le multe per accessi non autorizzati. In realtà, ovviamente, il sindaco ha diritto a quel pass (anzi, ne ha diritto a tre o quattro – Alemanno, ad esempio, ne aveva richiesti due); quando una multa viene emessa per un residente che avrebbe diritto al pass ma non lo ha rinnovato, tale multa viene automaticamente segnalata dal sistema (che contiene una “white list” delle targhe delle auto che hanno diritto a ricevere un pass) come da cancellare, retroattivamente, nel momento in cui il pass verrà rinnovato. Succede così per qualunque cittadino, non solo per il Sindaco. L’annullamento fa parte di una procedura di “autotutela” del Comune, tutela vale a dire contro eventuali ricorsi di fronte al Giudice di Pace, che vedrebbero senz’altro l’amministrazione dalla parte del torto. Come riassunse abbastanza in dettaglio Panorama, si tratta di “una prassi chiamata ‘Amministrazione amica’, se il permesso scade e ci si dimentica di rinnovarlo per tempo, le multe prese durante il periodo con il permesso scaduto non devono essere pagate.” Il Sindaco Marino quelle multe non le aveva mai neppure viste, poiché, dato che le multe erano, per così dire congelate, nessuna di esse gli venne mai notificata. Sebbene non ci fosse nessuna multa da pagare, poiché erano state automaticamente annullate, Marino fece una donazione al Comune di Roma per la somma equivalente a tali multe, con l’intento di placare la polemica strumentalmente costruita intorno a lui.
Resta la domanda del perché il pass del Sindaco risultasse scaduto. Al momento delle sue dichiarazioni al Consiglio Comunale, lo stesso Marino spiegò che, dalla sua ricostruzione dei fatti, erano “state commesse delle disattenzioni da parte degli uffici competenti nel seguire correttamente tutta la procedura”, aggiungendo che tali errori “non hanno prodotto danni a nessuno, se non a me stesso”. Solo qualche giorno prima, tuttavia, il Sindaco si era convinto che la sua autorizzazione fosse scomparsa dal sistema del Comune inspiegabilmente, per l’intenzionale, ed illegittimo, intervento di qualcuno, e presentò quindi denuncia contro ignoti. Immediatamente, Augello ne approfittò per ridicolizzare il Sindaco, mostrando durante una conferenza stampa come il sistema informatico del Comune possa essere interrogato in due modi diversi, e l’autorizzazione ad entrare nella Z.T.L. comparire in un caso e non nell’altro: quindi, per Augello, non c’era stato nessun intervento di hacker contro Marino. Augello non esitò a definire la denuncia di Marino un “dossier falso”. Per la verità, le conclusioni della Procura di Roma, attivata dalla denuncia di Marino, furono diverse. Nel febbraio 2015, il PM Nicola Maiorano, che si era occupato dell’inchiesta, annunciò di aver stabilito che ci fu senz’altro violazione del sistema informatico del Comune, “manipolando e sabotando il pass del primo cittadino che, in questo modo, incorse nelle sanzioni per aver varcato senza diritto le zone a traffico limitato della Capitale”; tuttavia, lo stesso Maiorano raccomandò l’archiviazione del caso, vista l’impossibilità, secondo il PM, di “accertare chi si introdusse nel computer per sabotare il permesso ZTL”.
In verità resta un’altra domanda, che nessun giornale ha mai affrontato: come fece il Senatore Augello, che non ha nessun ruolo né politico né amministrativo nel Comune di Roma ad ottenere le informazioni riguardanti il pass scaduto e le multe “sospese”? E, ancora, come fece, immediatamente dopo la denuncia del Sindaco Marino di una sospetta violazione del sistema informatico, ad avere dettagliate informazioni sui diversi modi in cui il sistema poteva essere interrogato?
a.g.