I primi giorni di ottobre 2015, gli allora consiglieri comunali di Roma Fabrizio GHERA e Lavinia MENNUNI (Gruppo “Fratelli d’ltalia”) e Marcello DE VITO , Daniele FRONGIA , Virginia RAGGI e Enrico STEFANO (Gruppo Movimento 5 Stelle) hanno presentato esposti alla procura della Repubblica contestando al Sindaco Marino un presunto uso improprio della carta di credito del comune di Roma.
Le accuse in particolare riguardavano alcune cene ( 7 ) ritenute dai denuncianti di natura privata e non istituzionale, sulla base dei giustificativi e di testimonianze di personale dei ristoranti dove sono avvenute. Venivano inoltre contestate al sindaco “spese di tintoria per il lavaggio di capi indossati in occasioni di visite di Stato e ufficiali (997,96 euro) quelle relative all’acquisto di calici e pissidi per ricorrenze e celebrazioni religiose (2.200 euro), buffet lunch con una Federazione Sportiva (7.143 euro), ed altre”.
Marino viene rinviato a giudizio e chiede ed ottiene il rito abbreviato per il processo penale che comprende anche altre accuse relative a presunti illeciti contestati a Marino nella gestione della ONLUS Imagine
Nelle 54 pagine di motivazione della sentenza si ricostruiscono i fatti e vengono analizzate le argomentazioni dell’accusa e della difesa, dando luogo ad un racconto che spazia dal paradossale al ridicolo: le spese di lavanderia sì, ci sono state, per la necessità di lavare gli abiti storici dei trombettieri di Vitorchiano che accolgono le visite dei Capi di Stato; le cene, anche : ma come si fa a sostenere che non erano di rappresentanza? Basta un cameriere che riconosce in foto la moglie di Marino e sostiene che una sera di due anni prima – senza averla vista altre volte – era lei a cena con il Sindaco ? Ci vuole una perizia grafologica per rendersi conto che – come qualunque cittadino ragionevole auspica – il Sindaco non passava il suo t
empo a compilare personalmente i giustificativi di spese ? E via così..
Proseguendo con la lettura ci si addentra nei dettagli di una storia pirandelliana in cui un uomo evidentemente onesto ed impegnato con una visione di alto profilo a costruire un futuro per Roma degno della capitale di un grande paese, che combatteva il malaffare che aveva per anni depredato la città, che ha generosamente impegnato risorse proprie a favore della collettività, che ha procurato con la sua attività di pubbliche relazioni (con spese di rappresentanza inferiori a quelle dei suoi predecessori e di altri sindaci di comuni di minore dimensione) ingenti donazioni per Roma, dell’ordine di milioni di euro, che ha pubblicato spontaneamente sul web la documentazione poi utilizzata per accusarlo…. deve difendersi come se fosse un maneggione che mangia a sbafo e lucra sui rimborsi per poche migliaia di euro. Lo stesso uomo che con la sua professione guadagnava molto di più che da Sindaco, che da Sindaco si era tagliato lo stipendio del 10% donandolo alla città, che – vinte le primarie – si era dimesso da senatore rinunciando quindi al relativo stipendio, rimettendoci quindi di tasca propria – senza essere obbligato a farlo e senza che nessuno glielo chiedesse – molto di più dei 12.000 euro di cui, secondo le accuse, si sarebbe appropriato. (Non si ha memoria di nessun altro politico italiano che abbia rinunciato ad una carica prima di essere certo di ottenerne un’altra; attingendo ai più recenti esempi, Roberto Giachetti non ci ha pensato neanche un istante a dimettersi da deputato dopo aver vinto le primarie come candidato sindaco nel 2016).
Un beffa per i cittadini che aspettano che si faccia giustizia sui tantissimi casi in cui il denaro pubblico viene sprecato, mal speso o rubato.
Ma c’erano stati degli esposti e giustamente, in considerazione della obbligatorietà dell’azione penale prevista dal nostro ordinamento, sono state condotte accurate indagini.
Il 7 ottobre 2016, Marino è stato assolto in primo grado con formula piena.
Come cittadini, ci siamo sentiti solo in parte rassicurati : accuse pretestuose sono state giudicate infondate ma il fatto che queste accuse abbiano contribuito, insieme ad altre risibili campagne diffamatorie come quella sulla panda rossa, il funerale di Casamonica o il viaggio a Filadelfia a creare un clima velenoso funzionale alla defenestrazione di un Sindaco scomodo non può essere cancellato.
Il PM Roberto Felici ha deciso di ricorrere in appello contro questa sentenza, annunciandolo già prima di leggerne le motivazioni.
Ci domandiamo se la stessa analitica precisione verrà adottata nei riguardi di tutti i sindaci ed ex sindaci delle altre città italiane, magari limitandosi a quelli le cui spese hanno superato una certa soglia, giusto per non dissipare in futili esercizi le energie investigative limitate di cui disponiamo nel nostro Paese, afflitto come noto da gravi problemi di illegalità.
Siamo però certi che al più presto si farà luce su tanti fatti oscuri che hanno comportato danni alla collettività per milioni di euro: ad esempio, si sa già se ci sono responsabilità penalmente rilevanti per il disastro delle vele di Calatrava ?
Per questo gigantesco monumento allo spreco i contribuenti hanno speso finora oltre 200.000.000 (200 milioni) Iva esclusa. E per completarla ne servirebbero ancora oltre 400.000.000 (400 milioni) . Con un costo totale pari a sei volte la stima iniziale, passati oramai 12 anni abbiamo oggi uno scheletro inutilizzabile. Il progetto ha visto impegnati per la sua realizzazione finora personaggi del calibro di Balducci, Bertolaso, Caltagirone, Malagò.
E’ solo uno dei tanti esempi. Siamo certi che si farà luce su questo ed altri inquietanti episodi per i quali ci sfiora il sospetto che il bene collettivo sia ignorato e la ricchezza che sarebbe di tutti venga utilizzata a beneficio di pochi.